lunedì 14 maggio 2007

Tutto quello che fa male ti fa bene... anche la TV!

Tommaso Tessarolo, ieri, intitolava il suo post "La tv fa male", ma dopo anni di pamphlet anti-televisione un anno fa è uscito un libro che ha riaperto un serio dibattito sull'industria culturale e la tv in particolare. Il libro in questione è "Tutto quello che fa male ti fa bene" - Perchè la televisione, i videogiochi e il cinema ci rendono più intelligenti in altre parole l'appasionata conclusione cui è giunto Steven Johnson , giornalista statunitense e studioso di neuroscienze, analizzando tutto quello che con un po’ di pessimismo chiamiamo cultura di massa. Guardare un telefilm come “I Soprano” o giocare a “Grand Theft Auto” , insomma, non è un esercizio inutile per la nostra intelligenza e appassionarsi ad un reality show o mantenere due conversazioni contemporaneamente sul messenger non equivale a firmare una condanna a morte per il nostro cervello.
Nel film di Woody Allen “Il Dormiglione” due scienziati del 2173 deridono i loro antenati del XX secolo (noi, per intenderci) per non aver compreso i valori nutrizionali di bistecche, torte e merendine. Per Johnson questa scena del film è una metafora dell’industria culturale e partendo dall’assunto che “l’influenza positiva dei media contemporanei sulla mente non è ancora stata esaminata con attenzione” pensa che per non correre il rischio di sottovalutare gli effetti benefici di televisione, internet e videogiochi bisogna partire da quella che egli chiama la Curva del Dormiglione: “Per decenni abbiamo agito con l’idea che la cultura di massa seguisse un percorso in costante declino verso uno standard che rappresenta un minimo comune denominatore, presumibilmente perché le masse vogliono piaceri semplici e stupidi, e le grandi aziende dei media vogliono dare alle masse ciò che queste richiedono. Ma in effetti, sta avvenendo l’esatto opposto: da un punto di vista intellettuale, la cultura sta diventando sempre più esigente.” A sostegno di questa tesi nel suo saggio Johnson porta alcuni esempi mutuati da videogames, serie tv, reality show, film e soap tutte volte a dimostrare che la Curva del Dormiglione continua a salire e le forme meno nobili del divertimento di massa dopo tutto si rivelano utili. Non è forse vero, infatti, che videogiochi come SimCity o Grand Theft Auto, famosi giochi apprezzati per la loro totale apertura, non avendo linee narrative preordinate e nemmeno un unico scopo bensì obiettivi simultanei, obbligano il giocatore a cercare e trovare gratificazioni sviluppando quelle che si chiamano “capacità d’indagine” e “capacità di creare legami telescopici”? In altre parole i giocatori devono imparare il procedimento di base del metodo scientifico perché i videogames obbligano a fare continue supposizioni: bisogna indagare per proseguire. Allo stesso modo i videogiochi sviluppano la capacità di telescoping ovvero saper gestire, determinando priorità a una serie di obiettivi simultanei che si annidano l’uno nell’altro come un telescopio chiuso. Da non confondersi con il multitasking (la capacità di gestire più compiti indipendenti tra loro contemporaneamente). Nei moderni videogiochi si tratta di trovare ordine e significato in quel mondo virtuale che sicuramente può essere un esercizio utile nel mondo reale. Dopo questa parte il giornalista da il meglio di sé quando parla di televisione.

Si parte dal 1981 quando ebbe inizio la serie "Hill Street giorno e notte" che paragonata ad una serie degli anni precedenti come Starsky & Hutch risulta avere delle trame molto più complicate. La stessa cosa la notiamo se compariamo Hill Stree giorno e notte con la serie I Soprano che in un singolo episodio segue oltre una decina di fili narrativi. Cosa accade nella produzione seriale per la televisione? Solo una crescita esponenziale delle trame multiple. Cosa può voler dire questo? Semplicemente che come telespettatori ci stiamo preparando a seguire telefilm con trame molto più intricate (e intriganti) rispetto a quelle che si producevano 30 anni fa. I Soprano esige molto di più dal suo pubblico rispetto a quanto facesse Hill Street. La stessa esigenza che richiede una “semplice” puntata de I Simpson i cui autori riescono a creare una stratificazione interna alla puntata fatta di parodie e campionamenti di altri film per cui una battuta valica i confini della serie stessa (nell’episodio Halloween del ’95 ci sono riferimenti a ben 17 film).
Anche nei confronti dei Reality Show Johnson non manca di dire la sua. Paragonati ai moderni videogames i format del reality hanno regole imprevedibili: la scoperta delle regole del gioco è parte della loro attrattiva e come nei videogiochi i partecipanti sono obbligati a scandagliare le regole del sistema per trovare punti deboli e opportunità. E lo spettatore che ci guadagna? Il piacere non è nel vedere cosa fanno i partecipanti ma come si orientano. Si valuta lo stato corrente delle regole e si immagina come si avrebbe giocato se si avesse superato il casting. Più che vedere cosa succede si immagina come si sarebbe reagito a quello che accade.
Johnson parla a questo livello di intelligenza sociale e intelligenza emotiva: il contenuto è meno interessante dello sforzo cognitivo che il programma esige. Ciò che importa è l’apprendimento collaterale. Tenere traccia alle relazioni multiple e ai comportamenti dei vari giocatori è un’utile esercizio per la nostra abilità a stare dietro la complessità della rete sociale. Un po’ come seguire le storie dei personaggi della serie tv 24 per abituarsi alla odierna complessità cinematografica che sta andando sempre più verso il genere del rompicapo. Ne sono un esempio i film come Essere John Malkovich, Memento, Se mi lasci ti cancello, Magnolia, The Butterfly Effects e The Matrix.
Stando al ragionamento di Johnson i media e i prodotti culturali sono una palestra mentale sempre più esigente e a sostegno di tale tesi porta vari studi sul cervello umano che amerebbe la complessità e la ricerca per la propria gratificazione. Inoltre individua e analizza la forza economica, quella tecnologica e quella neurologica che governano la Curva del Dormiglione e il discorso si fa ancora più interessante perché della grande storia della cultura di massa questo saggio non è che un piccolo tassello.

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