martedì 10 luglio 2007

Intervista a Carlo Freccero/1

Un anno fa la laurea triennale sul palinsesto televisivo. Una delle più grosse soddisfazioni l'incontro con Carlo Freccero (spero che con la nomina a Rai Sat torni a sperimentare) e l'intervista rilasciatami che vi ripropongo. Certo, si parlava di tv generalista ma Freccero ha scritto un saggio molto importante che vi proporrò tra qualche giorno.

Negli anni ‘80 il palinsesto assunse un ruolo strategico nella produzione televisiva. Oggi sembra che abbia perso quella importanza.

Negli anni Ottanta il palinsesto ha avuto un ruolo fondamentale. In qualche modo era una griglia da cui partire e dava la linea editoriale. Naturalmente era il campo di battaglia su cui si è mosso tutto quel decennio. Oggi, invece, assume un ruolo un po’ diverso. Innanzitutto dobbiamo ribadire che vi è un solo modello di televisione, che è quello della tv commerciale e lo scontro avviene tra un programma e un altro. Il palinsesto, così come lo intendevamo negli anni ’80, non ha più un ruolo fondamentale se non forse nella fascia pomeridiana e mattutina, dove si può parlare della così detta logica orizzontale. In senso verticale oggi la tv generalista ha somatizzato un po’ la tv a pagamento e quindi c’è stato un capovolgimento totale, una rivoluzione. È chiaro che in questo contesto la tv generalista per sopravvivere sia alla tv a pagamento, sia alla problematica della nascita dei nuovi pubblici è costretta a correre ai ripari. Prima era il palinsesto che faceva i programmi, oggi sono i programmi che fanno il palinsesto. In questa situazione sono strategici quei programmi che riescono a creare degli appuntamenti, quei programmi che in qualche modo fidelizzano il pubblico. Sto parlando chiaramente dei programmi seriali e anche dei reality, che per la loro disposizione sia in senso orizzontale che in senso verticale, esprimono un certo grado di serialità. Ma c’è un fatto nuovo. La tv generalista spesso non riuscendo a costruire un rapporto di fidelizzazione ricorre all’evento. In qualche modo oggi gran parte della programmazione del prime time fa leva sull’evento, così facendo però si cade in contraddizione perchè per sua natura l’evento distrugge tutte le logiche palinsestuali. La tv generalista, quindi, mette in atto una doppia logica: da una parte sia affida ai programmi seriali che fidelizzano il pubblico, come fiction e reality, dall’altra è costretta a creare degli eventi. Mi si obbietterà che ci sono alcuni programmi che sono fondamentali perché danno la linea editoriale, ma sono soltanto quelli di seconda serata: trasmissioni di infotainment come Matrix o Porta a Porta. La rivoluzione quindi sta nel fatto che mentre prima era il palinsesto che determinava i programmi, anzi il programma vincente era quello che riusciva a incorporare l’ora e la rete nella quale era fatti, sviluppati e prodotti, oggi sono i programmi a determinare il palinsesto.

Quanto è importante per chi fa oggi un palinsesto conoscere il pubblico attraverso i dati socio-demografici?

Fondamentale. Il palinsesto come tutti sanno dipende da alcuni fattori come il budget, il taglio di riferimento e la memoria storica. La memoria storica è quel fattore il quale determina che alcuni programmi possono andare in onda e altri no ed è una delle cose che si riverbera ancora dagli anni ’80 ai nostri giorni.

L’Auditel è importante per conoscere il pubblico. Vittorio Bossi ha scritto che i dati Auditel servono principalmente ai pubblicitari per vedere su quale rete o in quale programma c’è un potenziale bacino di utenti, dove poi si andranno a posizionare gli spot pubblicitari. Per chi scrive il palinsesto i dati servono a capire quale pubblico segue determinati programmi e quali sono le preferenze dell’utente televisivo espresso mediante il consumo di determinati programmi. Lei che idea ha?

Precisiamo che i dati Auditel hanno molte funzioni, tra cui quelle di controllare il pubblico e di fotografarlo. Però non si può andare dietro l’Auditel all’infinito. Occorre creare anche nuove offerte, altrimenti si crea un corto circuito nella comunicazione e alla fine si rischia di non comunicare più nulla. La fotografia che fa l’Auditel ci permette di capire anche qual è la domanda e in che direzione bisogna lavorare nel futuro. Se ad esempio prevale un pubblico maschile cercherò di far sì che i nuovi programmi da produrre siano indirizzati verso questo nuovo pubblico. L’Auditel, quindi, mi deve aiutare a impostare i concetti del futuro senza però cadere nel rischio di seguire modelli già consumati. (continua)

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