
Coinvolgimento aperto e chiuso
Lev Manovich ha introdotto tempo fa una distinzione tra interattività aperta e interattività chiusa. Nel suo saggio e in varie interviste spiega cosa intendesse dire “Il concetto d’interattività 'chiusa' si riferisce alla selezione all’interno di una serie di scelte definite a priori – ad esempio, scegliere quale scena del film vedere nel DVD o scegliere l’area di un sito web. Quello di interattività ‘aperta’ è riferito a un’interazione più complessa tra l’essere umano e il computer in cui il contenuto non è determinato a priori (o per lo meno non tutto il contenuto), bensì generato in tempo reale in relazione alle azioni dell’utente.”
Quindi, ispirandoci a Manovich, possiamo affermare che possiamo avere due tipi di coinvolgimento da parte di un canale o di un contenuto: quello aperto e quello chiuso. Se scelgo il contenuto di un canale, lo guardo, mi appasiono e lo seguo parliamo del primo caso se invece partecipo al palinsesto, segnalo le news, posso interagire con la diretta ecc… parliamo di coinvolgimento aperto. Il contenuto viene generato grazie a me quasi in tempo reale. Tutti i viewers posson tranquillamente affermare “Io sono importante per far funzionare il canale, io sono il canale o il contenuto”. Di questa ultima accezione parleremo in un prossimo post. Ora vorrei occuparmi del “coinvolgimento chiuso” e prenderò ad esempio Lost. Ma prima di andare al nocciolo della questione ci sono due punti su cui dovremmo soffermarci e su cui vorrei divagarmi:
a) Lost è una serie dalle trame multiple
b) Lost è una serie labirinto
Quindi, ispirandoci a Manovich, possiamo affermare che possiamo avere due tipi di coinvolgimento da parte di un canale o di un contenuto: quello aperto e quello chiuso. Se scelgo il contenuto di un canale, lo guardo, mi appasiono e lo seguo parliamo del primo caso se invece partecipo al palinsesto, segnalo le news, posso interagire con la diretta ecc… parliamo di coinvolgimento aperto. Il contenuto viene generato grazie a me quasi in tempo reale. Tutti i viewers posson tranquillamente affermare “Io sono importante per far funzionare il canale, io sono il canale o il contenuto”. Di questa ultima accezione parleremo in un prossimo post. Ora vorrei occuparmi del “coinvolgimento chiuso” e prenderò ad esempio Lost. Ma prima di andare al nocciolo della questione ci sono due punti su cui dovremmo soffermarci e su cui vorrei divagarmi:
a) Lost è una serie dalle trame multiple
b) Lost è una serie labirinto
Nel suo libro “Tutto quello che fa male ti fa bene” Steven Jhonson afferma “i programmi televisivi popolari hanno anche aumentato lo sforzo cognitivo che chiedono al proprio pubblico, esercitando la mente in modi che sarebbero stati inauditi trent’anni fa. A coloro che seguono in modo approssimativo il dibattito sull’impatto culturale dei mezzi di comunicazione, l’idea che la televisione stia in realtà migliorando la nostra mente sembrerà un’eresia.” Insomma se è vero che leggere un libro porta dei benefici cognitivi (attenzione, pazienza, memoria, analisi di fili narrativi) questo assunto vale anche per una serie tv che ha nel proprio dna le trame multiple. Se è vero che I Soprano sono stati un contenuto rivoluzionario, rispetto ai contenuti televisivi precedenti, per le succitate ragioni, Lost lo supera abbondantemente. Facciamo un esempio. Nell’ottavo episodio della prima serie abbiamo ben 9 sottotrame (secondo l'analisi di Johnson pubblicata nel suo libro a pag. 191)
Se invece prendiamo la prima puntata di Lost della seconda serie (nella prima serie la struttura di ogni puntata presenta i vari protagonisti mentre nelle successive si entra nel vivo della storia) troviamo ben 6 sottotrame e ben 11 dei temi ricorrenti nella serie per un totale di “17 linee narrative” che dobbiamo costantemente seguire e tenere a mente.

Sono convinto che possiamo definire Lost come una serie-labirinto. C’è un capitolo (ripreso ottimamente nel film) del libro di Umberto Eco “Il nome della rosa” in cui ad un certo punto il lettore si ritrova immerso in un mare di libri, ovvero si trova nella biblioteca-labirinto del monastero. Mentre da una parte si subisce il fascino di quel luogo e ci si ritrova a voler capire perché c’è un labirinto e perché tutti quei libri e perché un sacco di cose, dall’altra ci si immedesima nei due protagonisti che vanno alla ricerca disperata dell’uscita. Si vengono così a determinare due forze: una centripeta che spinge il lettore/spettatore a soffermarsi nel pericolo, a voler indagare, a voler vedere come è il labirinto, l’altra centrifuga che lo spinge a desiderare di uscire dalla situazione precaria, che lo obbliga a darsi alla fuga e a voler tornare alla situazione normale. La stessa cosa che accade in Lost. Se da una parte i fili narrativi della vicenda costringono lo spettatore a voler desiderare la fine dell’odissea dei passegeri dell’Oceanic , dall’altra si ha piacere a soffermarsi su alcune vicende “subendo il fascino” dei misteri dell’isola. In altre parole se da una parte si spera che arrivino i soccorsi dall’altra si vuole scoprire quanto è possibile sull’isola. In realtà, come in Prison Break, le questioni drammaturgiche sono molteplici e quelle che nelle prime serie erano strategiche diventano marginali. Le uniche domande sensata non sono più riguardo i personaggi, perché sono lì e come faranno ad uscire bensì: perché c’è quell’isola, esiste davvero, a chi appartiene e soprattutto qual è il gioco di potere che vi si nasconde dentro?
Nel prossimo post analizzerò perchè Lost è un contenuto della TV 2.0, nel frattempo sono molto graditi i suggerimenti, le critiche e le collaborazioni. Per qualsiasi cosa contattatemi qui.
1 commento:
Bellissimo post, davvero utile per riflettere sul cambiamento delle audience e di come alcuni prodotti tv riescano ad intercettare e andare di pari passo con questo cambiamento.
Lost è davvero una serie spartiacque, defnisce un prima e un dopo dal quale difficilmente di potrà prescindere: le linee narrative multiple e i labirinti creati dagli autori, ma anche la capacità di muoversi in rete, interagire con i fans "lurkando" i forum e rispondendo idealmente proprio nello svolgimento delle trame; la lost experience, che spinge ai limiti il concetto di aletrnate reality game, la capacità di creare una mitologia e un coinvolgimento diretto del pubblico....Ok, lo ammetto: sono una lost addicted!
Attendo con ansia il seguito del post!
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